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Deformità a Boutonniere

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I movimenti fini e fluenti, tipici delle dita delle nostre mani, sono garantiti da un complesso equilibrio tra le forze di flessione ed estensione che,  muscoli posti nell’avambraccio e nella mano esercitano per mezzo dei loro tendini. Quando una o più componenti di questo delicato sistema viene a mancare, l’equilibrio si rompe e si rendono evidenti alterazioni funzionali e/o deformità. Nella deformità Boutonniere a rompersi è la banda centrale dell’apparato estensore di una delle dita lunghe. La deformità si caratterizza per la concomitante presenza di flessione dell’articolazione interfalangea prossimale (I.F.P.) ed iperestensione delle articolazioni interfalangea distale (I.F.D.) e metacarpo-falangea (M.C.F.).

Anatomia

L’apparato estensore delle dita è una struttura piuttosto complessa, costituita da più unità:

  • cappuccio degli estensori, insieme di strutture capsulo-legamentose dorsali poste all’altezza dell’articolazione metacarpo-falangea (vedi Patient Education Carpal Boss) ;
  • fascio comune;
  • banda centrale;
  • bande laterali (radiale ed ulnare);
  • banda terminale.

In condizioni normali le bande laterali si trovano dorsali rispetto al centro di rotazione dell’articolazione

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interfalangea prossimale (IFP) ma, se la banda centrale viene lesa, l’equilibrio tra le forze di flessione, generate volarmente dall’azione dei tendini flessori e le forze di estensione, generate dall’apparato dorsale estensore si perde. In tali casi, le forze di flessione prevalgono e le bande laterali migrano volarmente (verso il palmo) rispetto al centro di rotazione della IFP. Zancolli descrive la progressiva evoluzione della deformità in tre stadi. Nel 1° stadio vi è la flessione della I.F.P generata dalla rottura della banderella centrale e quindi l’assenza di forze che si oppongono a quelle generate dal flessore superficiale delle dita; nel 2° stadio con il progressivo stretching del legamento retinacolare traverso e del legamento triangolare le bande laterali migrano volarmente rispetto all’asse di rotazione della I.F.P.; nel 3° stadio con le bande laterali migrate volarmente la forza esercitata dai muscoli intrinseci è diretta esclusivamente sulla I.F.D. motivo per cui progressivamente si iperestende. Anche la M.C.F. è iperestesia per l’azione su di essa esercitata dai tendini dei muscoli estensori estrinseci.

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Tutto ciò si manifesta clinicamente con la flessione della IFP e la iper-estensione della IFD (interfalangea distale) e M.C.F..

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Cause

Tre sono le principali cause di deformità Boutonniere:
1-meccanismo traumatico:
    a) forza di carico assiale sul dito (ad esempio pallonata sull’apice del dito a dito esteso);
    b) flessione forzata della IFD con IFP in estensione;
    c) lussazione volare della IFP;
    d) fratture/avulsioni della base della falange intermedia;
    e) ferita da taglio;
2- artrite reumatoide;
3-  ustioni o condizioni infettive.

Sintomi

Quando la lesione è conseguenza di un trauma meccanico, a livello della IFP si evidenzia dolorabilità, tumefazione e limitazione funzionale; il dito interessato e semi-flesso, ed in particolare vi è deficit della capacità di estensione attiva della IFP e della flessione della IFD. Eccetto che nelle forme tardive, la estensione passiva completa della IFP e la flessione della IFD sono possibili. Nei casi in cui non vi è storia di trauma apparente, è opportuno indagare se la deformità Boutonniere sia da imputare ad una condizione di artrite reumatoide o ad una pregressa ustione o ancora, ad una condizione infettiva.

Diagnosi

Prima dell’esame clinico è importante raccogliere una anamnesi accurata, con particolare riguardo ad eventuali traumi occorsi di recente, ustioni o eventi infettivi che abbiano coinvolto le dita della mano. Va indagato, inoltre, se il paziente risulta affetto da artrite reumatoide. L’esame clinico indaga la presenza di una flessione obbligata della IFP con concomitante estensione della IFD. Nelle fasi iniziali questi difetti articolari sono riducibili passivamente. L’esame ecografico può risultare di aiuto nella diagnosi in particolare nelle condizioni acute post-traumatiche.
La deformità Boutonniere deve essere distinta dalla PSEUDOBOUTONNIERE, condizione caratterizzata dalla flessione obbligata della IFP, con ridotta capacità di flessione della IFD, pur tuttavia in assenza della iper-estensione della IFD caratteristica della deformità Boutonniere. La lesione Pseudo-boutonniere può derivare da: a) trauma in iperestensione forzata che si esercita su un dito mantenuto in flessione (come ad esempio un guinzaglio che strattona le dita), si verifica in tal modo una lesione della placca volare e dei legamenti periarticolari; b) sub-lussazione cronica dell’apparato estensore sull’articolazione metacarpo-falangea.  Nelle lesioni chiuse la caratteristica manifestazione clinica della lesione boutonniere può non manifestarsi al momento del trauma ma evidenziarsi solo qualche giorno più tardi. Possono essere utilizzati alcuni test specifici che aiutano a svelare la lesione della banda centrale dell’apparato estensore:
1-   Haines-Zancolli: mantenendo la I.F.P. in completa estensione, valutare l’entità della flessione passiva dell’ I.F.D.. Nei casi di rottura della banderella centrale e migrazione volare delle bande laterali la flessione della I.F.D. è notevolmente ridotta;  
2-   La perdita di 15°-20° o più di estensione attiva della IFP mantenendo sia il polso che le MCF in massima flessione;
3-   Ecchimosi distale alla IFP o raccolta capsulare della IFP.

4-  Test di Elson: si chiede al paziente di flettere il dito interessato sul bordo di un tavolo (IFP flessa a 90° sul bordo del tavolo), il medico vi pone quindi il suo dito sulla falange intermedia chiedendo al paziente di estendere il dito. Se la banderella centrale è sana, il medico sarà in grado di sentire la tensione esercitata dal dito del paziente che tende ad estendersi; nel caso di lesione della banderella centrale il paziente non sarà in grado di estendere il dito contro la resistenza dell’operatore.

Trattamento

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Per diversi Autori per decidere sulla modalità di trattamento non è tanto importante definire se si tratta di una lesione acuta o cronica, quanto se è presente o meno una contrattura in flessione non riducibile della I.F.P, condizione questa, che indica la fissità della migrazione volare delle bande laterali e pone indicazione al trattamento chirurgico.
Non Chirurgico
Il trattamento conservativo prevede l’utilizzo di un tutore che tende ad estendere la I.F.P.. Il tutore da indossare in maniera continuativa per almeno 6 settimane o comunque fino alla completa estensione della I.F.P. più ulteriori 2 settimane durante le ore di riposo notturno deve lasciare libera la I.F.D. che deve essere mobilizzata in flesso/estensione più volte/die
. Il trattamento conservativo tuttavia, anche se effettuato in maniera corretta può non risultare efficace.

Chirurgico.
Il trattamento chirurgico viene preso in considerazione quando il trattamento conservativo fallisce, nelle ferite aperte o nelle fratture/avulsioni con frammento osseo libero sulla I.F.P.. In quest’ultimo caso in relazione alla dimensione del frammento, questo deve essere reinserito o escisso se troppo piccolo e seguente reinserzione del solo tendine. Nelle ferire aperte si esegue una tenorrafia termino-termianle con filo nylon 4-5/00 anche se personalmente preferisco un riassorbibile a lungo termine in quanto a tale livello il nyilon può manifestare disturbi a lungo termine. Si applica una stecca con la I.F.P in completa estensione. Alla rimozione dei punti di sutura si applica il tutore come nelle lesioni chiuse e si procede con lo stessa modalità di trattamento.

Nelle forme acute di deformità a Boutonniere associate a perdita di sostanza si può ricorrere a due soluzioni: 1) un flap retrogrado prelevato dalla porzione prossimale della banderella centrale e ribaltato distalmente a coprire il gap; 2) dissezione di due bande laterali prelevate dai legamenti retinacolari obliquo e traverso, mobilizzate medialmente e suturate a ricostruire la banderella centrale.

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