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Anatomia Tendini Estensori Mano

Anatomia

TENDINI ESTENSORI DELLA MANO

 

Tendini estensori mano

Tendini estensori della mano

L’estensione attiva delle dita avviene mediante un’azione combinata e sinergica di muscoli estrinseci ed intrinseci. Cioè di muscoli i cui ventri muscolari sono rispettivamente posti nell’avambraccio, regione dorsale e nella mano. Va inoltre ricordato che l’estensione delle dita è spesso concomitante a quella del polso.

I muscoli estrinseci sono innervati dal nervo radiale direttamente o mediante il nervo interosseo posteriore mentre quelli intrinseci sono innervati dal nervo ulnare e solo in minima parte dal nervo mediano. I muscoli intrinseci sono rappresentati dai muscoli lombricali, dagli interossei volari e dorsali.  Tra i muscoli estrinseci distinguiamo i muscoli propriamente estensori delle dita ovvero il muscolo estensore breve del pollice, muscolo estensore lungo del pollice, estensore comune delle dita, estensore proprio dell’indice ed estensore proprio del mignolo. Vi sono poi i muscoli estensori del carpo: il muscolo estensore radiale breve del carpo, estensore radiale lungo del carpo ed il muscolo estensore ulnare del carpo.

A tutti i muscoli estensori descritti deve essere aggiunto un ulteriore muscolo, il muscolo abduttore lungo del pollice che pur non essendo un vero estensore, ma un abduttore, come dice il suo nome, con il suo tendine viaggia nella regione dorso-radiale del polso attraversando il I comparto dorsale degli estensori.

Infatti, i tendini dei muscoli estrinseci, portandosi dalla loro sede di origine a quella d’inserzione, attraversano a ponte la regione dorsale del polso. In virtù del loro lungo decorso e per evitare, dunque, durante la contrazione muscolare un “effetto arco” ed una conseguente minore efficacia d’azione, i tendini sono contenuti e stabilizzati in sei canali osteofibrosi definiti compartimenti dorsali dei muscoli estensori.

Il tetto di tutti questi tunnel è costituito dal retinacolo degli estensori.  I 6 compartimenti dorsali sono indicati in maniera progressiva con i numeri romani procedendo dal lato radiale a quello ulnare.

  • Icomparto: occupato dai tendini dei muscoli abduttore lungo  del pollice (ALP) ed estensore breve del pollice (EBP);
  • II comparto: occupato dai tendini dei muscoli estensore radiale breve del carpo (ERBC) ed estensore radiale lungo del carpo (ERLC);
  • III comparto: occupato dal tendine del muscolo estensore lungo del pollice (ELP);
  • IV comparto: occupato dai tendini dei muscoli estensore comune delle dita (ECD) ed estensore proprio dell’indice (EPI);
  • V comparto: occupato dal tendine del muscolo estensore proprio del mignolo (EPM);
  • VI comparto: occupato dal tendine del muscolo estensore ulnare del carpo (EUC)
tendini estensori polso
È da notare come a ciascuna articolazione del pollice è dedicato un tendine estensore. Infatti, alla base del metacarpo sul bordo radiale, si inserisce il tendine del ALP, mentre alla base della falange prossimale (FP) il tendine del EBP ed alla base della falange distale (FD) il tendine del ELP.  Quest’ultimo, come d’altronde i tendini del ECD, passando al di sopra dell’articolazione MCF aderisce alla capsula articolare e viene stabilizzato su ciascun lato da un’aponeurosi tendinea che sul lato radiale deriva dal muscolo abduttore breve del pollice (ABP), muscolo intrinseco dell’eminenza tenar, mentre sul bordo ulnare deriva dal muscolo adduttore del pollice (AP) anch’esso muscolo intrinseco dell’eminenza tenar.
In tal modo il tendine del ELP risulta stabilizzato e durante la dinamica di flesso/estensione del dito, mantenuto in posizione mediana sull’articolazione metacarpo-falangea (MCF) dalla contrazione di gruppi muscolari opposti.
Per quanto esposto sopra ne deriva che se, il tendine del ELP viene sezionato distalmente alla MCF i capi tendinei rimarranno in sede, il capo prossimale, infatti, non potrà retrarsi per la presenza delle aponeurosi dei tendini AP ed ABP. Al contrario se la sezione tendinea si verifica in un punto prossimale rispetto alla MCF, il capo prossimale tende a retrarsi a livello del polso rimanendo ulnare rispetto al tubercolo radiale del Lister, nel terzo canale degli estensori. A livello dell’articolazione inter-falangea (IF) del pollice l’apparato estensore è connesso intimamente alla capsula articolare ed aprendosi a ventaglio s’inserisce sulla regione dorsale della base della FD.
L’estensione attiva delle dita lunghe è affidata, mediante i suoi tendini, al muscolo ECD, ricordando però che per il dito indice e mignolo è generalmente presente anche un estensore proprio. La contrazione dell’ ECD permette la contemporanea estensione del dito indice, medio, anulare e mignolo. Il muscolo ECD a livello della metà circa dell’avambraccio si divide in tre fasci, di cui quello laterale dà origine a 2 tendini e ciascuno degli altri due ad un tendine. I 4 tendini così formati attraversano insieme il 4° canale degli estensori, in compagnia del tendine del EPI, ed oltrepassato questo divergono per portarsi a formare l’apparato estensore di ciascuna delle dita lunghe. A livello del dorso della mano i tendini dell’ ECD sono uniti da bande fibrose di interconnessione (bande di congiunzione).

Più frequentemente i tendini estensori propri per il dito indice e mignolo a livello del dorso della mano si dispongono ulnarmente al rispettivo tendine comune, la loro attivazione determina una completa ed indipendente estensione rispettivamente del 2° e 5° dito. Va  comunque  ricordato che quanto sopra esposto è solo la condizione anatomica più frequente, ma non la sola possibile, infatti, il numero dei tendini che attraversano il dorso della mano e la loro disposizione può variare:
 
  • i tendini derivanti dal ECD sono generalmente singoli per ogni dito ma occasionalmente quelli per il medio e l’anulare possono essere multipli;
  • il tendine estensore comune per il 5° dito può essere assente;
  • l’EPM generalmente presenta due tendini, ma se ne possono trovare fino a 3 o 4;
  • anche l’ EPI può presentare varianti per quel che concerne il suo tendine, sia per numero che per disposizione rispetto al tendine comune del dito indice.

Per ciò che concerne le bande di congiunzione tendinea va detto che quasi sempre sono presenti tra i tendini del ECD per il dito medio, anulare e mignolo; solitamente è presente anche una banda tra il tendine per il dito medio e quello per l’indice.

Nel caso in cui il tendine comune per il dito mignolo è assente è presente una banda di connessione che dal tendine comune dell’anulare si porta  sul cappuccio degli estensori del 5° dito. Queste bande, a dita completamente estese, giacciono a livello del dorso della mano, non sono in tensione e presentano un andamento obliquo; allorché le dita vengono completamente flesse le bande scorrono distalmente fino a divenire trasversali e tensionate. Formano in tal modo un vero e proprio legamento trasverso a livello della testa dei metacarpi contribuendo a dare stabilità ai tendini estensori.
 

Giunti a livello delle articolazioni MCF i tendini estensori aderiscono alla capsula articolare e per la diversità e complessità delle strutture che ne entrano a far parte è pertanto, distalmente alla MCF,  più corretto parlare non più di tendine estensore bensì di apparato estensore. Fra le strutture più importanti a quest’altezza individuiamo le bande sagittali, un insieme di fibre a disposizione circolare che connettono il meccanismo estensorio alla placca volare. Ciascuna banda sagittale, è costituita da due foglietti, uno su ciascun lato, radiale ed ulnare, questi mantengono il tendine estensore centrato sulla linea mediana della MCF ed in associazione con i muscoli intrinseci prevengono l’iper-estensione dell’articolazione stessa. Le bande sagittali fanno parte di un sistema retinacolare più complesso, il “cappuccio” o espansione degli estensori.

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In realtà, prima di congiungersi al tendine estensore, la banda sagittale su entrambi i lati si slamina in due foglietti, uno superficiale più sottile ed uno profondo più spesso; i due foglietti avvolgono il tendine congiungendosi con i rispettivi capi controlaterali. La stabilità del tendine estensore durante la dinamica di flesso/estensione delle dita dipende, dunque, dalla integrità di questi due foglietti, la rottura della componente radiale o ulnare della banda sagittale o di uno dei due foglietti di cui ciascuna è composta rompe questo equilibrio generando una condizione di sub-lussazione o lussazione franca del tendine estensore. Più frequente è la lesione della banda sagittale radiale del 3° dito ( Vedi Patient Education: Knuckle Boxer’s).

Young e coll. hanno dimostrato come la rottura della sola componente ulnare non produce instabilità tendinea mentre, la sezione del solo foglietto superficiale della componente radiale produce una sublussazione tendinea e la rottura di entrambi i foglietti della componente radiale la lussazione.

Distalmente alla MCF il tendine estensore si triforca dando origine ad una banda centrale e due bande laterali.
La “banda centrale” del tendine estensore dopo aver ricevuto su ciascun lato la “banda dicongiunzione mediale” va ad inserirsi sulla superficie dorsale della base della falange intermedia.
Le bande di congiunzione mediale derivano dal ventre muscolare superficiale del 1°, 2° e 4° muscolo interosseo dorsale, essendone mancante il 3° interosseo. Questo complesso tendineo permette di estendere l’articolazione interfalangea prossimale.
Valutiamo adesso il destino delle due “bande laterali” del tendine estensore. Queste, una su ciascun lato by-passano l’articolazione interfalangea prossimale e riunendosi con il nome di “tendineestensore laterale congiunto” andranno ad inserirsi sulla superficie dorsale della base della falange distale come “banderella terminale” o “ tendine congiunto terminale” dell’apparato estensore.

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Il tendine estensore laterale congiunto è formato dall’unione delle fibre della banda laterale con quelle della “banda di congiunzione laterale” che a sua volta deriva dal ventre muscolare profondo dei muscoli interossei dorsali, volari e lombricali. 
Il bordo prossimale della matrice ungueale si trova pressoché a livello della inserzione della banderella terminale dell’apparato estensore, 1,2 mm circa più distale.
A livello della I.F.P. vi è una tensione diversa sulle diverse fibre durante la flesso/estensione. Infatti, mentre in flessione la maggior parte delle fibre della banderella centrale sono tese e quelle delle bande laterali sono lasse, in estensione si verifica la condizione contraria.
Analizzando in maniera più dettagliata il cappuccio dorsale o espansione degli estensori, sistema retinacolare che permette di stabilizzare dunque il tendine estensore sulla superficie dorsale della MCF, vediamo che principalmente esso è costituito da tre strutture o bande:  sagittale, trasversa e obliqua, ed agisce come una singola unità. La banda sagittale è la più prossimale e profonda ed unendosi alla placca volare  forma una struttura cilindrica posta sulla testa del metacarpo.
Nel tratto posto fra la MCF e la IFP il tendine estensore è stabilizzato dalla banda trasversa e più distalmente da quella obliqua.   Le bande obliqua e trasversa sono costituite dalle inserzioni  superficiali fibrose dei muscoli interossei e lombricali. Le bande migrano distalmente durante la flessione delle dita e prossimamente durante la estensione.
I muscoli interossei generalmente sono distinti in relazione  alla regione metacarpale da cui originano, in quattro dorsali e tre volari, ed occupano gli spazi intermetacarpali.  Ciascun interosseo dorsale, fatta eccezione,  per il 3° dito presenta due ventri muscolari, superficiale e profondo.  Dal ventre superficiale o dorsale si dipartono fibre che s’inseriscono sul tubercolo laterale alla base della FP e fibre che danno origine alla banda mediale. Il ventre superficiale agisce come abduttore e debole flessore della FP, non ha un effetto diretto sulla estensione della IF. Il ventre profondo o volare, filogeneticamente derivato dagli interossei volari passa superficiale alla banda sagittale e si continua nella banderella laterale. Quest’ultima mentre sul lato ulnare è costituita dal solo tendine derivante dall’interosseo, sul lato radiale è costituita dalla fusione del tendine derivante dall’interosseo e da quello derivante dal lombricale. La banderella laterale partecipa a flettere ed abdurre la FP e ad estendere le articolazioni IF.
I muscoli interossei volari non hanno inserzioni ossee inserendosi, infatti,  sulle bande laterali; la loro contrazione permette di addurre e flettere la FP ed estendere le IF. Sia gli interossei dorsali che i volari passano dorsali rispetto al legamento intermetacarpale traverso profondo che li separa, dunque, dai tendini dei muscoli lombricali. 
I muscoli lombricali sono in numero di 4 e presentano una caratteristica unica, sono i soli muscoli che originano da strutture tendinee, anziché ossee, i tendini flessori profondi, e vanno ad inserirsi su strutture tendinee, l’apparato estensore.
I muscoli lombricali sono i più importanti muscoli intrinseci reclutati durante la estensione attiva delle dita, permettono infatti, la estensione attiva delle articolazioni interfalangee prossimali e distali e la simultanea flessione delle articolazioni metacarpo-falangee; i muscoli lombricali non partecipano alla flessione digitale né alla presa con forza.
I muscoli interossei volari ed il 3° interosseo dorsale invece, in relazione al loro rapporto con la placca volare sono sì meno attivi dei muscoli lombricali durante la estensione delle dita, ma sono reclutati nella prensione con forza dove sviluppano la gran parte della capacità di presa.
Da quanto esposto si può dedurre che :
a)      in caso di deficit neurologico dei muscoli interossei la forza di presa si riduce notevolmente;
b)      lesioni dei tendini estensori delle dita o lesioni da strappamento della giunzione mio-tendinea degli stessi, permetterà comunque al paziente di estendere le articolazioni interfalangee, ma non potranno essere estese attivamente le articolazioni metacarpo-falangee.
Tutti i muscoli interossei dorsali e volari sono innervati dal nervo ulnare, i muscoli lombricali sono anch’essi innervati dal nervo ulnare ad eccezione del 1° e 2°, innervati dal nervo mediano.
A livello dell’articolazione IFP è individuabile un secondo sistema retinacolare costituito dal legamento retinacolare obliquo o banda obliqua del legamento di Landsmeer, dal legamento retinacolare trasverso  e dal legamento triangolare. (test di Haines-Zancolli).
Il legamento retinacolare obliquo unisce in tendine congiunto terminale alle strutture legamentose volari disposte in corrispondenza della IFP. Il legamento infatti prossimamente origina a livello della puleggia A3, quindi volare, mentre la sua inserzione distale è dorsale. Il suo decorso pertanto risulta dorsale rispetto alla IFD ma volare rispetto alla IFP. È proprio questa particolare disposizione che permette la sua funzione, quella cioè di coordinare la flesso/estensione di queste due articolazioni. La flessione della IFD tende il legamento retinacolare obliquo inducendo la IFP a flettersi. Nella estensione delle dita la prima articolazione ad essere interessata è la IFD. Lo scorrimento prossimale del tendine congiunto terminale detende il legamento retinacolare obliquo ed a ciò segue la simultanea estensione della IFP.
Il legamento retinacolare trasverso congiunge a livello della IFP la banda di congiunzione laterale alla guaina flessoria. Questa struttura previene la lussazione dorsale e l’effetto arco delle bande di congiunzione laterale durante la estensione dell’IF.
Il legamento triangolare si origina distalmente all’inserzione della banderella centrale sulla FI e si dispone internamente tra le due bande di congiunzione laterale prevenendone la eccessiva sub-lussazione volare durante la flessione della IF.
Per ciò che concerne l’apporto nutrizionale i tendini in generale sono delle strutture anatomiche che presentano scarsa vascolarizzazione, la nutrizione tendinea  avviene infatti prevalentemente attraverso la diffusione dal fluido sinoviale più che per la perfusione vascolare. Il supporto vascolare proviene da tre strutture: a) giunzione mio-tendinea; b) inserzione osteo-tendinea; c) vasi derivanti dai tessuti connettivi circostanti come paratenonio, mesotenonio, vicula. I vasi ematici per il nutrimento dei tendini nella mano presentano un aspetto tortuoso in modo da potersi distendere durante lo scorrimento dei tendini.  A livello dei canali osteofibrosi, tra le opposte superfici del canale e del tendine che lo attraversa s’interpone una guaina cilindrica a doppia parete costituita da una sottilissima guaina connettivale (tonaca vaginale) che riveste la superficie del tendine lungo tutto il suo decorso attraverso il canale e quindi si riflette a rivestire la parete del canale stesso. La piega di riflessione tra le due lamine prende il nome di mesotenonio e dà passaggio a vasi e nervi destinati alla nutrizione ed innervazione del tratto di tendine contenuto nel canale.

Test di Haines-Zancolli. Consiste nel flettere passivamente la IFD mentre si mantiene passivamente in estensione l’articolazione IFP. In condizioni fisiologiche la flessione della IFD è limitata, giungendo fino ad un massimo di 60° per la tensione generata dalla banda obliqua del legamento di Landsmeer. La tensione si riduce permettendo la flessione della IFP, ciò permetterà alla IFD di completare la sua capacità di flessione.
Quando per condizioni patologiche, come nella deformità a boutonniere o nella fibrosi digitale post-traumatica il legamento retinacolare obliquo si retrae il test evidenzia una riduzione della capacità di flessione della IFD.

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Per quanto concerne l’apparato estensore a livello digitale va detto che le arterie digitali palmari proprie forniscono il maggior apporto ematico per l’apparato estensore a livello delle dita; in particolare per la porzione medio-distale, in quanto la parte più prossimale riceve un apporto ematico anche mediante un sistema arterioso intermetacarpale dorsale. Tra i due sistemi arteriosi vi sono numerose anastomosi (Smith e Bellinger 1980). La superficie dorsale del tendine è meno vascolarizzata di quella palmare e la sua vascolarizzazione arteriosa deriva, come detto, in particolare dalla rete arteriosa delle arcate digito-palmari derivanti dalle arterie digitali palmari proprie. Le arcate digito-palmari prendono origine a più altezze: la prima subito distale all’articolazione metacarpo-falangea, la seconda prossimale rispetto all’articolazione interfalangea prossimale, la terza subito distale ad essa ed in fine una quarta più distale, a livello della falange distale, dove entra a far parte dell’arcata digitale pulpare. Dal tronco comune delle arcate digito-palmari prendono origine arterie che si portano ad irrorare: guaina sinoviale dei tendini flessori e tendini flessori stessi, superficie dorsale e volare del periostio, apparato estensore delle dita e regione cutanea sovrastante. Il ramo arterioso diretto al tendine estensore, raggiuntane la superficie dorsale genera una branca ascendente ed una discendente, da queste si generano piccoli rami che penetrano tra i fascicoli del tendine; alcuni di essi si anastomizzano con i rami arteriosi derivanti dalla rete arteriosa posta sulla superficie volare del tendine estensore. La superficie volare dell’apparato estensore delle dita riceve il suo apporto ematico attraverso due sistemi; il primo, come per la superficie dorsale mediante un ramo derivante dall’arcata digito-palmare che genera sulla superficie palmare del tendine un ramo ascendente ed uno discendente; il secondo, attraverso branche collaterali generate dalla rete periostale e da rami delle arterie superficiali della capsula articolare.
Un’area di relativa avascolarità è inoltre individuabile nella banda terminale dell’apparato estensore questa condizione può essere implicata fra le cause del dito a martello. Nel trattamento quindi va considerato che pressioni eccessive esercitate da un tutore possono ulteriormente compromettere la già precaria vascolarizzazione a tale livello e quindi interferire con la guarigione.

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Durante il movimento di flesso/estensione delle dita la dimensione in lunghezza della superficie ossea dorsale e volare si modifica. Questo può essere confermato dalla semplice osservazione delle pliche cutanee in corrispondenza delle articolazioni MCF ed IF prossimale e distale. Flettendo le dita la lunghezza della superficie ossea dorsale aumenta, per l’esposizione della superficie articolare della testa della FP, FI e FD. Tale aumento è clinicamente reso evidente dalla distensione delle pliche cutanee sulla superficie dorsale delle articolazioni digitali. Nella flessione digitale completa questo aumento risulta pari a circa 24 mm di cui 14 mm a carico della MCF, 6 mm e 4 mm rispettivamente per la IFP ed IFD.
L’apparato estensore deve quindi far fronte a tale allungamento ed i sistemi di cui dispone sono due: 1) scorrimento longitudinale del tendine estensore con le sue bande di divisione; 2) deviazione latero-palmare dei tendini estensori laterali congiunti.

Lo scorrimento longitudinale permette di recuperare 20 mm capaci di compensare l’aumento della superficie estensoria generata dalla esposizione della MCF ed IFP, l’ulteriore allungamento relativo generato dalla deviazione latero-palmare delle bande di congiunzione laterale permettono di compensare i restanti 4 mm generati dalla esposizione della IFD. Nel caso in cui vi è estensione delle IFP ed IFD con iper-estensione della MCF la lunghezza della superficie ossea dorsale si riduce di circa 5 mm rispetto alla condizione di estensione neutra delle dita.

Come sul lato volare per i tendini flessori, così sul quello dorsale per quelli estensori, sono state descritte delle “zone” anatomiche per poter meglio identificare una lesione tendinea, queste zone di lesione assumono anche un significato prognostico. Per il pollice le zone sono precedute dalla lettera T.
Secondo la Classificazione Topografica Internazionale per le lesioni traumatiche dei tendini estensori della mano, proposta da Claude Verdan si identificano per le dita lunghe:
ZONA I: articolazione IFD
ZONA II: falange intermedia
ZONA III: articolazione IFP
ZONA VI: falange prossimale
ZONA V: articolazione MCF
ZONA VI: dorso della mano
ZONA VII:carpo (distale al retinacolo degli estensori)
ZONA VIII: avambraccio distale/polso

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Per il pollice:
T I: articolazione IF
T II: falange prossimale
T III: articolazione MCF
T IV: metacarpo
Due zone sono comuni con con gli estensori delle dita lunghe: zona VII (polso) e zona VIII (avambraccio).
Lesioni delle zone II, III, IV e VII tendono ad avere una prognosi peggiore per la tendenza a formare aderenze tra il tendine e l’osso; ciò è particolarmente vero se alla lacerazione tendinea si associa la frattura della falange o del metacarpo. La formazione di aderenze si manifesta clinicamente con la limitazione della estensione attiva. In tal caso, il trattamento è generalmente conservativo mediante esercizi di flessione ed estensione attiva ed attiva/assistita. Il trattamento chirurgico non deve esse
re considerato prima dei 6 mesi di trattamento conservativo e solo quando si è raggiunto un plateau di risposta al trattamento conservativo.

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